Più passano i giorni, più mi rendo conto di ciò ch’è stato.

Lunedì 04/09/23 alle ore 15:35, Francesca, Emanuela, e io, apriamo il negozio. E in questo non c’è nulla di strano, ma è quello che c’è stato nei giorni precedenti, che forse rende qualcosa di diverso dal solito..

Qualche giorno prima, vedo negli occhi di Francesca una luce particolare, e quando mi dice «sarà bel tempo questo fine settimana» … capisco al volo!!

Ci siete? Vado avanti? Siete sicuri?

Potete cancellarmi se volete….

Per il sottoscritto, il solo pensiero di tornare su… suscitava pensieri e domande, ma allo stesso tempo una gran voglia di ritrovarsi a fianco alla più famosa delle croci di vetta delle Alpi, e soprattutto in compagnia della socia preferita…, che ringrazio di cuore per avermi scelto e aver voluto condividere insieme questa stupenda ascensione!!

Beh… immagino che avrete capito benissimo…. è il <<Cervino>> Salito da Roma, con soli tre giorni e mezzo, andata e ritorno!!!

Le nostre giornate sono iniziate con il Venerdì all’alba, per dormire al rifugio Duca degli Abruzzi a 2880m la sera stessa.. ma è da Sabato alle ore 08:30 che inizia la nostra vera avventura per la vetta del Cervino 4478m.

Salendo senza fretta, verso la Capanna Carrel, poco alla volta riconosco i passaggi e le sensazioni della mia prima volta.

Così immagino quanto sia stato intenso lo stato d’animo di Francesca, la concentrazione, il desiderio di raggiungere questo obiettivo.

Giunti al Colle del Leone, iniziamo con le vere difficoltà di questa montagna; qui i passaggi più difficili sono assistiti da canaponi fissati alla roccia. Scaliamo sulle placche rocciose, anche slegati, fin dove raggiungiamo il passaggio della “Cheminée”. Sono circa 20 metri verticali e faticosissimi… si sale a forza di braccia, uno alla volta, assicurandosi alla meglio al cordone, ma solo per sentirsi un pò più protetti… A seguire, ancora un diedro con corda fissa, altre facili placchette, e finalmente la terrazza della Capanna Carrel a m.3835. Stiamo benissimo… commossi e felici allo stesso tempo… Direi una ottima forma e determinazione…

Tempo impiegato? Ore 03:30 dal rifugio Oriondé, mentre ci avevano dato circa 4 ore.

È stata una giornata favolosa, e non solo per il panorama mozzafiato e per un tramonto sulla Dent d’Herens da ricordare per sempre… ma per la soddisfazione di quanto si stava vivendo.

Da parte mia, vedere Francesca sinceramente commossa per aver raggiunto questo primo step con la giusta preparazione, mi ha reso felice di esser lì con Lei.

La giornata di Sabato 09 Settembre la passiamo sulla terrazza del bivacco. Vediamo arrivare persone, o scendere alpinisti dalla Cresta del Leone da sopra il bivacco. Si parla, si dorme, si pensa, si è felici, e si è un poco agitati per la giornata alla vetta del Cervino. Si, perché si partirà di notte, e non ci si può perdere lungo la via…

Il Cervino è una montagna difficile. Non permette vie di fuga facili, e in caso di mal tempo o altro… aumentano le difficoltà per riscendere autonomamente.

Mangiamo i nostri prodotti disidratati per cena avendo portato fornelletto e pentolino, e tanta acqua, anche per tutta l’ascensione. Prepariamo gli zaini, e solo adesso, siamo pronti a passare la notte ai 3835 metri del bivacco.

Si fa fatica a dormire, l’emozione è tantissima… Al bivacco c’è fermento. Arrivano alpinisti da valle con il buio alle luci delle loro frontali, alcuni passano senza fermarsi, mentre altri si fermano per un’oretta. Chi si alza alle 03:30 per uscire prima delle Guide Alpine, e le stesse poco più tardi escono con i clienti… Anche i rumori fuori del bivacco, di chi si prepara a partire col buio, crea un senso di agitazione prima del proprio turno di partenza… però fuori, ci sono le stelle, le luci dei paesi di valle, e zero vento!

Comunque si riposiamo discretamente bene.

Ecco…suona la sveglia, ore 04:30. Ci alziamo….

Un succo di frutta, dolcetti, e fuori dal bivacco Carrel.

Sono le cinque e mezzo, è ancora notte!

<< …noi non ci leghiamo come gli altri? >> mi dice Francy..

io sorrido << …Non adesso… ci legheremo quando servirà >>

Quando usciamo dal bivacco siamo soli, è notte fonda e limpida. Sento la mole del Cervino su di me, quando immagino che anche Francesca avverte la stessa sensazione…

Il “Re” delle Alpi ci osserva silenzioso… è come se la sua presenza ci suggerisca di stare tranquilli. Ma lo siamo? …si, ma un pò di tensione l’avverto, tutto dovrà andare liscio, senza incertezze. Ho Francesca con me, e l’obiettivo da raggiungere non sarà facile.

Chiudo la porta, e i nostri primi passi sono sulla terrazza metallica della Capanna Carrel, zero vento e tantissime stelle. Non è freddo.

Le luci della frontale illuminano solo attorno a noi, saliamo la rampa rocciosa seguendo un canapone, che subito ci porta sotto allo strapiombo. Questo è il primo passaggio atletico della mattina, che simpaticamente prende il nome di “Corda della Sveglia”!!

Il passaggio strapiombante consiste nel superare, alla luce della frontale e adesso con mani alla catena, un faticoso tetto roccioso ma discretamente breve. L’impegnativo ribaltamento sulla placca ci porta finalmente ad arrampicare sulla roccia con facilità.

Segue una lieve incertezza di orientamento, poi superiamo in libera un muretto di roccia sul terzo grado, aggiriamo al buio anche uno spigolo sporgente sul vuoto della parete sud, e ritroviamo finalmente altri canaponi verticali. Bene, siamo in via!

Questa via “normale” italiana al Cervino è così… a tratti assicurati da canaponi, e altri invece in arrampicata libera.

Nel buio è facile perdersi ed è per questo che occorre avere un buon senso d’orientamento.

Fortuna vuole però, che la Cresta del Leone l’avevo già salita nel 2014 con Peter Demuro.

E’ ancora notte, abbandono volutamente le invitanti tracce di passaggio su pietrame sparso, per arrampicare dentro una fessura-camino con strettoie e passi di III° e IV° grado. Qui ci leghiamo ed affrontiamo la salita in tecnica di “progressione in conserva”. Ovvero si arrampica contemporaneamente legati, distanziati di circa 7/8 metri, assicurandosi con protezioni, con friends e rinvii, che vanno inseriti autonomamente nella roccia.

Non vedo nessuno davanti a me. C’è solo la luce della mia frontale ad illuminare la direzione da seguire.

Sotto, ci sono invece due persone che grazie alle loro frontali li vedo andare spediti su quelle evidenti tracce di cui non mi ero fatto prendere, << ecco, ho sbagliato>>, ma poco dopo li rivedo tornare indietro.

Infatti, distante da me illumino una sosta fatta di fettucce e cordini con anello di calata, è la sosta che mi ricordavo di avere usato dieci anni fa! Ci siamo… ci siamooo…

Rapidi arrampichiamo su placche inclinate, aggiriamo spigoli, percorriamo cenge esposte sempre nel buio del mattino.

Poi comincia ad albeggiare, ma non abbiamo il tempo di ammirare i colori dell’alba illuminare le vette circostanti, così come siamo concentrati su ogni passo che affrontiamo.

Sono le 07:00, corro avanti… non sul Cervino, adesso nella descrizione… salto a piè pari la risalita della “Gran Corda”, punto obbligato dell’ascensione, lo spettacolare affaccio dalla cresta verso la Svizzera su tutta la catena della Dent Blanche e Weisshorn, i ripidi versanti delle pareti ovest (Svizzera) e sud (Italia), che vertiginose sotto i nostri scarponi trasmettono un’emozione indescrivibile!

Dalla vetta del Pic Tyndal a 4241 metri, il filo di cresta si fa orizzontale e ad alcuni punti anche strettissima, tanto da costringerci ad avanzare con un piede davanti all’altro. Raggiungiamo così e oltrepassiamo la spaccatura chiamato Enjambée (sgambata). È una fenditura con un abisso roccioso, che separa la sezione geologica della Testa del Cervino dal Pic Tyndal.

…ma ora mi chiedo…, come hanno fatto Bruno Brunod, Kilian Jornet Burgada, e Nadir Maguet, a percorrere velocissimi tutto questo percorso della via italiana alla vetta del Cervino?

Questi ultimi 200 metri alla vetta del Cervino, non sono affatto semplici… anzi sono insidiosi e faticosi.

Qui saliamo intuendo la linea di salita tra salti rocciosi e cenge detritiche fino al “Col Felicité”. Una piccola spalla orizzontale prima di riprendere ad arrampicare sulla verticale parete finale.

Vedo alta e ormai vicina la famosa “Scala Jordan”, che raggiungiamo tramite dei passaggi di III° di ottima roccia, e tramite un traverso assicurato da un canapone nascosto impossibile da vedere dal basso.

Guardo l’orologio che segna le 09:00 a quota 4300 metri… penso ancora ci vorrà un’ora e mezza per la vetta, perché siamo alla base della scala Jordan… ci mancano ancora più di 100 metri di dislivello.

Superiamo quindi la scala a pioli di legno e corda, semi muovente sulla parete, e un ultimo passo impegnativo che segna la parte finale della cresta sotto alla vetta… eee…

E vettaaa!!!!!

4477,80 metri … alla Croce di Vetta!!!!

Sono le ore 10:00!!!

Qui succede qualcosa di inaspettato o forse un qualcosa che io non mi aspettavo….

Mentre stavo osservando il punto esatto del bivacco forzato fatto con Daniele Funicelli dopo aver superato la cresta del Furggen due anni fa, poco sotto la vetta, vedo Francesca superarmi e sedersi vicino alla croce.

È commossa come mai l’ho vista in montagna… più del raggiungimento della vetta del Dent d’Herens di tre settimane prima.

Decido di non avvicinarmi subito e rispetto il suo momento.

Chissà quante cose gli son passate per la mente, oppure nulla… oppure un vuoto di benessere gli ha riempito la mente e il cuore…

Ecco questa forse, anzi non “forse”… “E’ questa” l’emozione più bella e che ho sentito in me, raggiunta la vetta del Cervino.

La mia terza volta nell’aver toccato quella vetta, non è stato nulla a confronto della bellezza e della soddisfazione che avrà colto Francesca dentro se stessa.. E per mio conto, aver seguito Francesca in questo suo desiderio coltivato da chissà quanto tempo e in quale misura che lei solo sa… è stata la mia soddisfazione più bella, più forte, più piena, di tutto questo viaggio in “ALTA QUOTA” che nessuno potrà mai descrivere.

Bravissima Franciiii.

Grazieeeeee